Storia dell’emigrazione italiana – Quiz di livello avanzato

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Foto: Mulberry Street, NYC – 1900 circa

Testo tratto da: Storia dell’emigrazione italianaFocus.it – link all’articolo originale nella soluzione

Quiz sulle Feste natalizie

Ciao a tutti. Ecco un quiz sulle tradizioni natalizie e dell’ultimo dell’anno. In italiano


 

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Sei tu che me lo hai detto! – Le frasi scisse – Audio

frasi scisse

Oggi studieremo le frasi scisse, la dislocazione e altri strumenti della sintassi italiana


Leggi e ascolta queste frasi.

  • Federico non vuole andare in piscina.
  • È Federico che non vuole andare in piscina.
  • È Federico a non volere andare in piscina.

Chiaramente, Federico non ha voglia di andare in piscina e lo abbiamo detto in tre modi differenti. Quanto sono diverse queste frasi? Qual è esattamente il focus, il significato centrale della frase?


Le frasi scisse

Non dobbiamo mai dimenticare che ad ogni verbo corrisponde una frase, sia essa principale o subordinata.

Nel primo esempio abbiamo una sola frase.

  • Federico non vuole andare in piscina.

Il verbo andare, sostenuto da volere, costituisce il centro, l’azione principale di questa frase.

Nel secondo esempio, la stessa frase viene tagliata in due, scissa in due parti.

Dicevamo, la frase viene scissa con l’aggiunta del verbo essere:

  • Federico non vuole andare in piscina. —>
  • È Federico (1) / che non vuole andare in piscina (2).

In questo modo le frasi diventano due, ma abbiamo spostato l’attenzione di chi legge o ascolta su Federico. I due esempi diventano così differenti.

Nel primo caso, Federico non vuole andare in piscina. E’ un fatto descritto semplicemente.

Nel secondo, solo Federico non vuole andare in piscina. E’ una sua decisione, probabilmente diversa da quella dei suoi amici che invece vogliono andare in piscina.

L’uso della frase scissa è un trucco, un artificio chiamato focalizzazione, ovvero lo spostamento dell’attenzione di chi legge o ascolta su un elemento particolare ella frase.

Dunque, l’aggiunta del verbo essere e la creazione di una frase principale servono a focalizzare l’attenzione su uno specifico elemento.

In teoria, possiamo cambiare il soggetto di una frase scissa con “che“. Per esempio:

  • E’ Federico che (noi) vogliamo portare in piscina.

Federico è il soggetto della prima frase, “noi” è il soggetto della seconda.

In questo caso parliamo di frase scissa esplicita, dove i soggetti cambiano, non possono essere sottintesi.


Veniamo alla terza frase che abbiamo scritto all’inizio.

  • E’ Federico (1) a non volere andare in piscina (2).

Anche questa è una frase scissa. Il significato è identico alla seconda frase con “che“. Per unire le due frasi, questa volta usiamo la preposizione “a“.

Questo tipo di frase scissa si chiama implicita: siccome il soggetto della prima frase è uguale a quello della seconda, possiamo usare un infinito al posto di un verbo coniugato. L’infinito, insieme al participio e al gerundio, è un modo indefinito che ha un soggetto implicito, “preso in prestito” dalla frase principale.


La frase scissa esplicita (con “che”) è più comune e versatile della frase scissa implicita (con “a”).

Possiamo arricchire la frase usando diverse preposizioni che normalmente introducono dei complementi. Per esempio:

  • Sono le mie scarpe che vuoi buttare? (le scarpe = oggetto)
  • È sabato che parto per le vacanze. (sabato = tempo)
  • È con Laura che voglio sposarmi. (con Laura = compagnia)
  • È per questo che ti ho telefonato. (per questo = scopo)
  • Era al futuro che pensavo. (al futuro  = termine)
  • È stato per il raffreddore che non sono uscito. (a causa di…)
  • È con odio che me lo hanno detto. (con odio = in quel modo)
  • È di politica che non amo parlare. (di politica = argomento)

Esistono molti altri complementi e preposizioni che possiamo trasformare per costruire una frase scissa.

In una frase scissa possiamo anche usare un’altra azione, un verbo, spesso all’infinito o al gerundio.

  • È lavorando duro che si ottengono risultati.
  • È correre che proprio non mi entusiasma.

Nell’italiano di tutti i giorni, si usano le frasi scisse in mille modi differenti. Uno degli usi più comuni descrive “da quanto tempo” si fa o non si fa una cosa. La preposizione “da” può spesso essere omessa.

  • È (da) una vita che non ci vediamo.
  • È (da) un anno che provo a telefonarti ma non ti trovo mai.
  • Era dall’estate scorsa che volevo vedere quel film.

Da buon milanese, devo notare che nella mia città si usano comunemente le frasi scisse, soprattutto nelle domande. So che in altre parti d’Italia ci prendono in giro per questo nostro modo di parlare.

  • Dov’è che andate?
  • Cos’è che vogliono quelli lì?
  • Da dov ‘è che venite?
  • Da quant’è che sei arrivato?

Basterebbe chiedere “Da quanto sei arrivato?”, ma a Milano molti parlano così perché in dialetto milanese la struttura delle domande è spesso una frase scissa.


La dislocazione

Abbiamo prima accennato alla focalizzazione, cioè all’uso di strumenti per spostare l’attenzione di chi legge o ascolta una frase su un elemento particolare. Le frasi scisse sono uno di questi strumenti.

Un altro importante strumento in questo senso è la dislocazione.

Dislocare, è intuibile, significa cambiare posto a qualcosa, spostare un oggetto da un luogo a un altro.  Con la dislocazione, si sposta e si aggiunge un elemento che a prima vista è superfluo.

La dislocazione a sinistra

Leggi e ascolta queste frasi.


  • Il bucato, lo faccio domani.
  • Le ragazze, le hai invitate tu?
  • La carne, non la mangio da un bel po’.
  • Le tue scuse non le accetto.
  • Dal dottore, non ci vado mai.
  • Con te non ci voglio parlare.
  • In vacanza, vuoi andarci da sola?
  • Soldi in tasca, ne ho davvero pochi.
  • A Marco glielo spiego io, se vuoi.
  • I compiti, te li fai da solo.

Negli esempi qui sopra, possiamo notare qualcosa di insolito, illogico.

  • Domani faccio il bucato.

—>

  • Il bucato lo faccio domani.

Nella seconda frase convivono l’oggetto (a sinistra) e il pronome che lo dovrebbe sostituire. Tutte queste frasi sono corrette e codificate nella grammatica italiana. Siamo davanti alla cosiddetta dislocazione a sinistra, che è il cambiamento della sintassi di una frase semplice.

Negli esempi, possiamo vedere pronomi diretti, indiretti, “ci” e “ne” che ripetono la parte iniziale della frase, rinforzandola. In questo caso, spostando l’oggetto a sinistra possiamo notarlo subito.


La dislocazione a destra

Riprendiamo le stesse frasi di prima, spostando l’oggetto alla fine della frase.

  • Lo faccio domani, il bucato.
  • Le hai invitate tu, le ragazze?
  • Non la mangio da un bel po’, la carne.
  • Non le accetto, le tue scuse.
  • Non ci vado mai, dal dottore.
  • Non ci voglio parlare, con te.
  • Vuoi andarci da sola, in vacanza?
  • Ne ho davvero pochi di soldi in tasca.
  • Glielo spiego io a Marco, se vuoi.
  • Te li fai da solo, i compiti.

In questi esempi, speculari ai precedenti, parliamo di dislocazione a destra. Il pronome è all’inizio della frase e anticipa l’oggetto, che è posto alla fine, è appunto dislocato a destra.



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    Antonio Franchi – Anna Maria Luisa bambina – 1682

    Anzi VS Invece – Audio & Quiz

    Impara la differenza fra anzi e invece

    Anzi e invece sono due congiunzioni avversative, cioè mettono in contrapposizione due elementi di una frase o delle frasi intere. Sono facili da confondere se l’orecchio non è abituato a sentirle in modo corretto, nel contesto giusto.

    Vediamo insieme come si usano e facciamo pratica con un quiz.


    ANZI

    Si usa per modificare, cambiare, contraddire quello che abbiamo appena detto.

    In questi esempi, usiamo anzi per modificare la frase precedente.

    • Domani finisco di lavorare alle 5, anzi alle 6.
    • Mi fai due caffè? Anzi, fammene tre per favore.
    • Luisa ha tre figli, anzi quattro.


    Qui, invece, lo usiamo per dare forza a un concetto espresso prima.

    • Il tuo lavoro è duro, anzi durissimo!
    • Sono contento, anzi contentissimo.
    • Non mi piacciono le barbabietole, anzi mi fanno schifo!


    Quando è preceduto da una frase negativa, anzi viene spesso usato da solo, come esclamazione, per dire “al contrario”.

    • I bambini non hanno fatto capricci, anzi. (sono stati bravi)
    • Federico non è povero, anzi! (è ricco)
    • Non fa per niente freddo, anzi. (fa caldo)



    INVECE

    Invece è più complesso di anzi.

    In generale, si usa invece per mettere in contrasto due frasi. Invece può somigliare a ma, però, al contrario.

    • Volevo comprare un iPhone, invece ho preso un telefono android.
    • Pensavo di uscire, invece sono rimasto a casa a vedere la tivù.
    • Pensavo che Gary fosse americano, invece è canadese.


    Invece di (che) + verbo all’infinito

    Entrambe le soluzioni, di e che, sono accettabili.

    Sarebbe più corretto usare invece di…, ma anche invece che… è piuttosto usato nella lingua quotidiana.

    • Invece di uscire con gli amici, tuo figlio gioca sempre a Minecraft.
    • Dovresti leggere qualche libro invece di startene lì a vedere Netflix.
    • Invece che faticare in cucina, stasera ordiniamo qualcosa dal cinese.


    Invece di (che) + nome.

    Possiamo semplicemente associare per contrasto alcuni oggetti animati o astratti usando invece.

    • Invece del latte, uso la panna per macchiare il caffè.
    • Per pagare le bollette uso la carta invece che il contante.
    • Alla fine invece di un cane, ho adottato due gatti.


    Invece che + preposizione + nome

    • Compro la frutta al mercato invece che dal fruttivendolo.
    • Preferirei tornare a Capri con te invece che con Livia.
    • Questa volta sono andato al lavoro in treno invece che in macchina.

    Come avrete potuto notare negli altri esempi, possiamo mettere invece all’inizio della frase senza cambiarne il significato.

    • Invece che in macchina, questa volta sono andato al lavoro in treno.


    Spero che gli esempi siano stati chiari e utili per capire la differenza tra anzi e invece. Mettetevi alla prova con il quiz.


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    Anzi VS Invece

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    Ernesto Basile  – Villino Florio – tappezzeria – 1899/1902

    Avverbi Particolari – Special Italian Adverbs – Audio

    Ancora, Appena, Cioè, Come, Ecco, Insomma – Audio

    Ancora, Appena, Cioè, Come, Ecco, Insomma – Audio


    Livello: intermedio

     

    Ci sono alcuni avverbi italiani che hanno usi e significati particolari. Oggi ne vedremo alcuni tra i più importanti. Le parole inglesi corrispondenti, non sono perfettamente uguali al significato italiano. Se avete domande, scrivete qui sotto.

    Ascoltate gli esempi audio e ripetete.


     

    Ancora

    La parola ancora, con l’accento sulla o,  ha diversi significati.

    Può indicare la continuità di un fatto nel presente, nel passato e nel futuro. (still)

     

    Anche ora – Anche allora

    • Sta ancora nevicando.
    • Questo tempaccio durerà ancora molto.
    • Ero ancora un ragazzino quando è arrivato internet.

    In frasi interrogative e negative, può voler dire “fino a quel momento” (not yet).

    • Dopo due giorni di viaggio, non eravamo ancora arrivati.
    • Non hai ancora ricevuto il conto del dentista?
    • Tra mezz’ora la torta in forno non sarà ancora pronta.

    Può significare “un’altra volta”. (again)

    • Mario è arrivato ancora una volta assonnato.
    • Se mi fai ancora la stessa domanda, mi arrabbio.
    • Proverò ancora l’esame che non ho superato.

    Oppure “in aggiunta” a qualcosa di esistente. (more)

    • Signora, vuole ancora della grappa?
    • Il presidente vuole ancora più potere.
    • Vorrei restare ancora un po’, ma devo guidare.

    Negli ultimi due esempi, ancora è accompagnato da più e un po’. Quando è in combinazione con altri avverbi, il significato di ancora viene moltiplicato (even more, less, better, worse…).  Per esempio:

    • In autunno l’Italia è ancora più bella.
    • Il risotto è ancora meglio il giorno dopo.
    • Dopo tutti questi scandali, la politica mi interessa ancora meno.
    • Nelle piccole città, il traffico è ancora ancora tollerabile.

    Nell’ultimo esempio, la ripetizione di ancora non è un errore. “Ancora ancora” significa in qualche modo, a malapena, bene o male.


    Appena

    Viene da a + pena, cioè a fatica, con difficoltà, a malapena, pochissimo (barely).

     

    • Ho appena i soldi per cenare stasera.
    • Avremo appena il tempo per cambiare treno.
    • Potevo appena sentire la sua voce.

    Vuole anche dire solamente, non più di…

    • Luisa aveva appena sei anni quando cominciò a suonare il piano.
    • Ci sono appena otto impiegati nella mia azienda.
    • Aveva appena mille euro in banca.

    Se parliamo di tempo, possiamo usare appena con il significato di da poco tempo, oppure nel momento in cui, spesso accompagnato dal “non” pleonastico.

    • Siamo appena tornati dalle vacanze e già vogliamo ripartire.
    • Appena sarò arrivato in albergo, ti telefonerò.
    • Non appena avranno i soldi, pagheranno il loro debito.

    Nell’ultimo esempio, il non è pleonastico, cioè non necessario, ridondante. Tuttavia, si usa molto per rimarcare una differenza con la condizione precedente. Ora non hanno soldi, ma presto li avranno.


    Cioè

    Nonostante la semplicità, questa parola è un piccolo mistero per qualche studente. Evidentemente, il significato nella lingua parlata non è sempre coerente con la spiegazione grammaticale. Vediamo come cioè si comporta nella lingua scritta e in quella di uso quotidiano.

    Ciò + è = cioè. “Questo è”, “in altre parole”, “significa che”, “ossia”, “vale a dire” (that is…, meaning…)

     

    • La scuola ricomincia dopo le vacanze, cioè a settembre.
    • Ci vediamo dopodomani, cioè mercoledì.
    • Lui è il figlio di mia sorella, cioè mio nipote.

    Molto frequentemente, cioè è un intercalare, una parola che riempie i vuoti, enfatizza le situazioni (a filler – i mean…).

    • Mario ha avuto un incidente. Cioè, è terribile!
    • Firenze è bella ma, cioè, ci sono troppi turisti.
    • Non mi aspettavo che suonassi così bene il piano. Cioè, sei davvero brava!

    Sono solo piccoli esempi, ma cioè si usa davvero molto e in situazioni in cui non ci si aspetterebbe di vedere questa parola. Cioè, avete capito?


    Come

    Cominciamo col dire che come è un avverbio e più raramente una congiunzione.

    Oggi parleremo di come nella funzione di avverbio.

    Come è una parola versatile e utilissima.

    Nel primo gruppo di esempi, come indica somiglianza e identità.

     

    • Sei come un fratello per me.
    • La partita è finita proprio come avevo immaginato.
    • Stefano è forte come un toro.

    Quando paragoniamo qualcosa o qualcuno a un pronome personale, lo indichiamo con la forma oggettiva.

    • Fabio è italiano come me.
    • Credevi che fossimo ricchi come te?
    • Vorrei parlare l’inglese bene come lui.

    …di come = di quello che…

    • E’ stato meglio di come immaginassi.
    • Sei più alto di come ti ricordavo.
    • Quel ristorante è meglio di come sembra.

    L’uso del congiuntivo o dell’indicativo in queste frasi è sovrapponibile. Nell’italiano parlato si usa spesso l’indicativo.

    Ovviamente, come si usa in domande dirette e indirette.

    • Come sei arrivato fino a qui?
    • Dimmi come fai a essere sempre allegra.
    • Com’è possibile?

    Quando si chiede di ripetere qualcosa.

    • Scusa, come dici?
    • Come?
    • Come, scusa?

    Può introdurre una posizione sociale, un mestiere “in qualità di…” (as a…)

    • Come madre, vorrei sempre sapere dove sono i miei figli.
    • Come medico, le consiglio un riposo assoluto.
    • Come Primo Ministro, ha lavorato molto bene.

    Come se… (as if…)

    • Fai pure come se fossi a casa tua.
    • Si comporta come se fosse un ragazzino.
    • Mi sento come se avessi vent’anni di meno.

    Infine, possiamo usare come nella lingua parlata per esprimere emozioni di vario tipo. Dal tono della voce, potere comprendere quali.

    • Ma, come ti permetti!
    • Come non detto.
    • Ora come ora, non avrei tempo.
    • Come sarebbe a dire che hai perso le mie chiavi?
    • Come osi!
    • Come sei gentile.

    Qualora vi sia sfuggito il significato di alcune espressioni, scrivete pure i vostri dubbi nei commenti. Esiste un gran numero di modi di dire con come. Ve ne insegnerò qualcuno molto presto.


    Ecco

    Tra gli avverbi più interessanti, troviamo ecco. La funzione più ovvia è quella di indicare la presenza o l’apparizione di qualcuno o qualcosa.

     

    • Ecco, tenga pure il resto.
    • Ecco qui la mia bicicletta. Ti piace?
    • Ecco, laggiù si intravede il mare.
    • Ecco mio figlio. E’ quello più alto.

    Quando è seguito da pronomi personali atoni mi, ti, ci, vi, lo, la, li e la particella ne, si unisce a formare una parla unica, molto espressiva e utile.

    • Eccomi, sono pronto. (here I am…)
    • Eccolo, è arrivato Fabio.
    • Eccoti i soldi che ti dovevo.
    • Ti serviva un telefono? Eccotelo.

    Quando si introduce o si termina un pensiero articolato o si raggiunge una conclusione, ecco diventa fondamentale per attrarre l’attenzione di chi ascolta.

    • Ecco, secondo me, qual è il problema che ci affligge.
    • Se vi interessa, ecco la mia opinione.
    • Ecco, volevo dire solo questo.
    • Ecco perché ho voluto fare quel viaggio.
    • Ecco tutto.

    Quando è seguito da un participio passato, ecco la funzione di chiusura, di conferma che  un’azione è terminata o iniziata.

    • Ecco fatto, ho finito.
    • Ecco risolto il mistero.
    • Eccolo arrivato, in orario come sempre.

    Infine ecco, che si distingue per la brevità e per il suono deciso, torna molto utile come intercalare. Si usa spesso quando si esita in un’affermazione o una richiesta.

    • Ecco, vedi, le cose non stanno come pensi.
    • Allora, ecco, volevo dirti che ho cambiato idea.
    • Insomma, ecco, mi chiedevo se potessi aiutarmi.

    Insomma

    Per finire, ho scelto l’avverbio insomma. Come cioè, e appena, anche il significato di insomma è piuttosto intuibile. In + somma. In conclusione. Come gli altri ha una funzione importante nella lingua parlata. Cercherò di usare degli esempi in un italiano vicino alla lingua di tutti i giorni.

    Come “in conclusione”.

     

    • Insomma, abbiamo capito che non te ne frega niente.
    • Gli attori erano bravi, ma la storia alla fine era banale e prevedibile. Insomma, il film non mi è piaciuto.
    • La spiaggia era bellissima, l’albergo pulito e tenuto bene. Insomma, ci siamo trovati bene.

    Detto con un tono dubbioso, poco convinto, insomma suona un po’ come “niente di speciale”, “mica tanto”, “così così”.

    • Vi siete divertiti? –  Insomma.
    • C’era molta gente? – Insomma.
    • Valeva la pena di vederli dal vivo? – Insomma.

    Come esclamazione, quando si è persa la pazienza, significa basta! allora! quindi?

    • Ma insomma!
    • Insomma, ti sbrighi si o no?
    • Insomma! E’ da una vita che vi aspettiamo

     

     


    La lista degli esempi potrebbe continuare all’infinito, ma mi fermo qui. Se avete domande o commenti, scrivete pure o chiedete durante la lezione su Skype. A presto.

     


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      Giandomenico Tiepolo – La passeggiata in villa – 1791 – Fondazione Musei Civici di Venezia

      La forma passiva – Ripasso, Quiz & Audio

      forma passiva

      Oggi ripasseremo la forma passiva con un quiz e degli esempi audio


      Abbiamo già studiato la forma passiva, ma vale la pena fare un ripassino.

      Siete pronti?

      La forma passiva si ha quando il soggetto non compie un’azione ma la subisce. Per esempio:

      • Giulia prepara il risotto.
      • Il risotto è preparato da Giulia.

      Nella prima frase, Giulia è la protagonista. Nella seconda, lo è il risotto.

      Giulia, in questo caso, è “l’agente”, cioè il soggetto logico dell’azione, mentre il risotto è il soggetto grammaticale della frase passiva.

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      Adolfo Wildt – Il Maestro Arturo Toscanini – 1924

      Trova i sinonimi e i contrari di un aggettivo – Quiz

      Oggi faremo un semplice esercizio di vocabolario: trovare i sinonimi e i contrari di un aggettivo

      livello – intermedio

      Lo scopo dell’esercizio è piuttosto semplice ma il contenuto è complesso. Dato un aggettivo, bisogna trovarne uno di significato opposto o il suo sinonimo.

      Non si tratta di un esercizio di abilità, ma di conoscere o non conoscere una determinata parola. Quindi, se non conoscete i sinonimi o gli opposti di un aggettivo presente in questa lista, è il momento giusto per impararli.

      Siccome esistono molti aggettivi che possono essere interpretati come contrari o sinonimi, includerò solo i più comuni, ovvero quelli che possiamo trovare normalmente in un dizionario.

      Se non conoscete una risposta, scrivete una parola a caso e i vari risultati appariranno.

      Le varie alternative che ho scelto, non hanno lo stesso valore. Alcune parole sono di uso comune, altre meno, altre ancora sono rare nell’uso moderno. Alcune appartengono alla lingua parlata, altre sono più adatte a un contesto scritto, come un libro, una rivista, un giornale.

      Quelli di voi che studiano con me su Skype, potranno discuterne a lezione e distinguere il valore lessicale di questi aggettivi.

      La scelta tra le varie parole è abbastanza ricca, ma può essere incompleta.

      Se avete dubbi o volete aggiungere altri sinonimi e contrari, potete scriverli nei commenti. Se le vostre parole sono adatte, saranno aggiunte alla lista.

      Siete pronti?


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      Grazie e a presto.

      Vittorio Matteo Corcos – Ritratto dell’editore Emilio Treves – 1907


      il passato prossimo – verbi irregolari – QUIZ

      passato-prossimo-irregolare

      Oggi ripasseremo i participi irregolari e il passato prossimo, con un quiz

      Così come in inglese, anche in italiano esistono dei participi irregolari. Con essi, possiamo costruire il passato prossimo e tutti gli altri tempi composti della lingua italiana, naturalmente usando gli ausiliari ESSERE o AVERE.

      Non mi dilungherò qui sulla scelta di essere o avere. Esistono regole e molte eccezioni. Possiamo parlarne a lezione se ci sono ancora dubbi.

      Nella lista che segue, ho inserito una settantina di participi irregolari. Molti hanno l’ausiliare avere, alcuni hanno essere (maschile femminile singolare e plurale —-> o , a , i , e). Altri ancora, possono avere entrambi. Dipende dalla situazione.

      Per esempio, guardiamo il verbo correre *:

      • Ho corso per dieci chilometri.
      • Maria è corsa a casa.

      Esaminando i verbi qui sotto, possiamo identificarne alcuni che hanno la stessa radice e quindi la stessa forma irregolare.

      Per esempio, produrre ha una stretta parentela con verbi come dedurre, condurre, ridurre, tradurre…

      Quindi, possiamo immaginare che il participio sarà rispettivamente dedotto, condotto, ridotto, tradotto, eccetera.

      Ricorda l’uso del passato prossimo con i pronomi:

      • Ho visto i tuoi amici. = Li ho visti.

      Con i verbi riflessivi, si usa sempre essere:

      • Mi sono fatto la barba.

      Esistono altri casi, più complessi, in cui il passato prossimo si coniuga in modo particolare con pronomi e particelle particolari; per esempio il “si” impersonale e quello passivante. Non sarà tuttavia questo l’argomento del quiz di oggi.

      Diamo un’occhiata alla lista e risolviamo le domande del quiz. Siete pronti?

      Alcuni participi irregolari


      Non si tratta di una lista completa, anzi. Esistono molti altri verbi irregolari, ma  questa dovrebbe bastare per comunicare in italiano a un buon livello.

       

      Ecco il quiz.

       

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      Giovanni Carnovali – Autoritratto – 1846

      Quiz for beginners – Italian articles


       

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      Farcela, Prendersela, Finirla, Fregarsene, Aspettarsela – Quiz

      Farcela, Prendersela, Finirla, Fregarsene, Aspettarsela – Quiz

      Oggi faremo pratica con alcuni verbi pronominali: Farcela, Prendersela, Finirla, Fregarsene, Aspettarsela

      Esiste una gran varietà di verbi pronominali, ossia verbi che uniti a pronomi assumono una sfumatura idiomatica.

      Sono sicuro che molti di voi avranno sentito dire “me ne frego”, o “non ce la faccio”. Oggi esamineremo una manciata di verbi che hanno la stessa struttura e faremo pratica con un quiz.

      Considerate che è difficile tradurre esattamente in inglese il taglio colloquiale di questi verbi. Ci proveremo (provarci! un altro verbo pronominale…) sperimentandone l’uso con tempi e modi diversi. Siete pronti?


      Farcela

      • To manage, to make it. Difficile tradurre, come abbiamo già accennato. Leggete questi esempi.
      • Non avere paura, ce la farai.
      • Credevo che ce l’avremmo fatta, ma mi sbagliavo.
      • Dovete farcela, mi raccomando.

      Prendersela

      • To be offended, to pick on somebody, to get angry, to be upset, disappointed. Come potete notare, ci sono diversi significati più o meno intuibili. Prendersela comoda, significa fare le cose con calma, senza fretta. A volte viene detto con un tocco di ironia. Vediamo alcuni esempi.
      • Non ce la prendiamo. Sarà per la prossima volta.
      • Il mio capo se la prende sempre con me.
      • Prenditela comoda, abbiamo tutto il pomeriggio.

      Finirla

      • To quit, put an end to it, “cut it out”, stop doing that. Il verbo “finire” mantiene il proprio significato, ma il il pronome “la” (questa cosa) aggiunge un oggetto indefinito, una componente colloquiale.
      • Se non la finisci, mi arrabbio.
      • Finitela di raccontare bugie!
      • Voglio che tu la finisca, una volta per tutte.

      Fregarsene

      • To not give a…, don’t care. Il verbo “fregare” (to rub) cambia completamente con l’aggiunta di una componente riflessiva (“si = se” –> oneself) e la difficile particella “ne” (of it).
      • Se ne fregano totalmente dei vicini di casa.
      • Non è una cosa importante. Freghiamocene.
      • Non andremo in vacanza, ce ne freghiamo del mare.

      Aspettarsela

      • To expect it. Questo è abbastanza semplice, ma attenti alle coniugazioni.
      • Abbiamo ricevuto molti complimenti, non ce la aspettavamo.
      • Maria ti ha lasciato. Dovevi aspettartela.
      • Non sapevo che fumassi. Non me l’aspettavo da te.

       

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      Spero che il quiz sia stato utile per chiarirti le idee.

      Non te la prendere se il punteggio è basso.

      Alla prossima.

       

      Antonio Puccinelli – Ritratto della signora Marrocchi – 1855

       

       

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