Durata 10 minuti
Difficoltà ★★★★☆
Livello B2 – C1
Marco Maisano presenta “Ma Perché?”, il podcast che ogni giorno cerca di rispondere alla domanda più semplice del mondo.
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Il 10 settembre Charlie Kirk è stato ucciso mentre parlava durante un evento in un’università dello Utah. La notizia è arrivata poco dopo anche in Italia, ma non è stata subito trattata con l’enfasi che ci si aspetterebbe di fronte a un fatto così clamoroso…
La tragedia e le sue conseguenze
L’inizio della storia – Il 10 settembre Charlie Kirk è stato ucciso mentre parlava durante un evento in un’università dello Utah. La notizia è arrivata poco dopo anche in Italia, ma non è stata subito trattata con l’enfasi che ci si aspetterebbe di fronte a un fatto così clamoroso.
I media italiani ci hanno messo un po’ a capire la portata dell’episodio, forse solo quando si sono resi conto che negli Stati Uniti il dibattito era già esploso, che Donald Trump aveva preso la parola, che al congresso i deputati si erano messi a litigare perfino durante un minuto di silenzio, che Elon Musk aveva definito il Partito Democratico il partito dell’omicidio, allora anche qui in Italia se n’è cominciato a parlare. Troppe cose perché la vicenda potesse essere ignorata.
JD Vance, per esempio, atteso a New York per la commemorazione dell’11 settembre, è volato in Utah per incontrare la famiglia di Kirk e accompagnare la bara in Arizona a bordo dell’Air Force 2.
Chi era Charlie Kirk
Tutto questo perché Charlie Kirk non era un conservatore qualunque, era diventato un punto di riferimento per milioni di conservatori americani, soprattutto giovani. Con la sua organizzazione Turning Point USA, fondata nel 2012, quando aveva appena 18 anni, Kirk era di fatto il leader dell’ala giovanile del movimento MAGA. Make American Great Again, lo slogan di Trump. Con il suo podcast e i suoi contenuti sui social aveva contribuito a trasformare l’ecosistema mediatico della destra americana acquisendo un’influenza enorme.
Sempre schierato al fianco di Donald Trump, Kirk aveva difeso con forza il diritto a possedere un’arma. In questi giorni ha fatto molto discutere una sua vecchia dichiarazione che per la verità non è l’unica:
“Penso che valga la pena pagare il costo, purtroppo, di alcune morti per arma da fuoco ogni anno, affinché possiamo avere il secondo emendamento a protezione degli altri diritti donati da Dio. È un compromesso prudente e razionale.”
Il secondo emendamento
Il secondo emendamento è proprio quello che garantisce a ogni americano la possibilità di possedere un’arma da fuoco. In Europa e quindi anche in Italia è diffusa l’idea che a difendere quel diritto siano soltanto i repubblicani più ostinati, ma la verità è un’altra. Negli Stati Uniti quasi nessuno vuole davvero mettere in discussione il diritto ad avere un’arma. Ma perché?
Era stata proprio Kamala Harris, candidata democratica alle presidenziali del 2024 contro Donald Trump a dichiarare in piena campagna elettorale durante un’intervista con Oprah Winfrey di possedere un’arma e che se qualcuno si fosse introdotto in casa sua non avrebbe esitato a sparare. Tutto questo Kamala Harris lo ha detto ridendo.
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I numeri della violenza armata
Il tema resta aperto. Negli Stati Uniti, secondo stime prudenti, circolano circa 400 milioni di armi da fuoco. Un dato impressionante, se si considera che gli abitanti sono 340 milioni. Il risultato: una lunga scia di violenza anche politica. Sono stati quattro i presidenti americani uccisi con arma da fuoco mentre erano in carica. L’anno scorso lo stesso Donald Trump ha rischiato la vita a Butler in Pennsylvania. E non mancano gli episodi che hanno coinvolto deputati e senatori, repubblicani e democratici: minacce, tentativi di rapimento, aggressioni.
Nel giugno scorso Melissa Hortman, deputata statale del Minnesota, è stata uccisa insieme al marito Mark. Nello stesso attacco è rimasto ferito un altro parlamentare statale, il senatore John Hoffman, insieme alla moglie. E ancora, nel 2020 il marito di Nancy Pelosi è stato colpito con un martello da un uomo che si era introdotto nella loro casa. La lista è lunga.
Le radici culturali del diritto alle armi
Ciò che però spesso non consideriamo qui in Italia come in Europa è che il desiderio di possedere un’arma, o meglio ancora il sentirlo come un diritto inalienabile non riguarda solo una parte politica. Negli Stati Uniti, la verità è che quasi nessuno vuole mettere in discussione il diritto a possedere un’arma. Ma perché?
A rispondere a questa domanda è Marta Ciccolari Micaldi, la McMusa. Questa è la risposta che mi ha mandato.
Il diritto degli americani a possedere, utilizzare delle armi è stabilito dalla Costituzione, dal famoso secondo emendamento che però fu redatto nel 1791, quando la società era molto diversa, era completamente diversa da quella di oggi. Possiamo pensare che l’uso della violenza delle armi sostituisse in parte l’uso della legge.
Oggi ci sono invece delle leggi, c’è un altro tipo di assetto proprio legislativo che regola le relazioni tra i cittadini statunitensi, per cui da questo punto di vista le armi potrebbero risultare desuete, però in realtà proprio in virtù di questo emendamento, le armi sono diventate un oggetto culturale, qualcosa che ha a che fare con un concetto molto importante per capire gli Stati Uniti che è il concetto della libertà.
Il concetto di libertà individuale
Le persone vogliono essere libere di proteggersi come vogliono, vogliono essere libere anche di poter possedere gli oggetti che vogliono, non vogliono essere limitate da leggi universali. Cerco di fare un passaggio in più facendo un esempio con qualcosa che per noi è molto familiare. Noi dobbiamo pagare delle tasse uguali, proporzionali, insomma, per tutti i cittadini che garantiscono, appunto, la sanità universale, cioè tutti possiamo rivolgerci alla sanità pubblica per poter essere curati.
Ora, agli americani non è che piaccia necessariamente spendere per la salute, anzi, però gli piace ancora meno lo Stato che decide per tutti e tutte quanto spendere per qualcosa. Vogliono sentirsi liberi di destinare dei soldi all’assicurazione mensile per la salute piuttosto che al mutuo. “Ho bisogno di liquidità, taglio l’assicurazione sanitaria e investo i soldi per comprare la casa.” Questo è un esempio molto elementare, però serve un po’ per capire.
Armi come tradizione familiare
La stessa cosa vale per le armi. Ci sono contesti in cui le armi servono effettivamente per difendersi perché le persone vivono in contesti in cui, per esempio, la natura è prevaricante, ci sono moltissimi animali che possono essere una minaccia più ancora che le persone. Ci sono contesti geografici, e sto parlando veramente in quel caso di natura selvaggia, in cui le armi potrebbero ancora avere un senso, ma ancor di più c’è una questione culturale. Le armi diventano oggetti di vita quotidiana. Si tramandano le armi di padre in figlio, si tramandano di famiglia in famiglia.
Non sto parlando qua ovviamente di persone estremiste, di terroristi, non sto parlando delle milizie armate che rappresentano una grandissima minoranza. Sto parlando proprio a livello culturale, come oggetto l’arma che definisce un certo tipo di libertà, un certo tipo di atteggiamento degli americani nei confronti della vita: protagonismo, individualismo, capacità di farcela in modo indipendente da qualsiasi intervento di uno stato che viene visto lontano, in ritardo, corrotto. Metteteci voi una parola.
Il ruolo della lobby delle armi
Non ci si affida a una legge universale che potrebbe togliere completamente le armi, nonostante ovviamente i dati dicono che una società senza armi è una società con molti meno morti. La soluzione che loro vedono nell’orizzonte del possibile, cioè in quello che per loro è fattibile, appunto, possibile, è un uso delle armi educato, un uso delle armi giusto, un uso delle armi che abbia appunto un senso. Una persona forse non dovrebbe possedere la mitragliatrice, non ti serve contro un orso.
Qui entra in gioco la lobby delle armi anche, che ha un controllo e ha un’influenza enorme sia sul pubblico che a maggior ragione sulle istituzioni che finanzia, a cui dà soldi, istituzioni politiche che, appunto, invece di sensibilizzare le persone a un uso sempre più superfluo delle armi, invece foraggia un certo tipo di incoraggiamento, di definizione del proprio valore sulla base di quante armi possiede e quanto sono grandi queste armi.
Una questione identitaria
È una questione, se volete, quindi identitaria, cioè il secondo emendamento è percepito come un pilastro fondativo della nazione, legato alla rivoluzione americana e all’idea di difendersi da un governo tirannico. È così che la vivono moltissime persone e questo è un sentimento ampiamente diffuso negli Stati Uniti, sia tra l’elettorato repubblicano che democratico. Giusto, non vuol dire che non ci siano iniziative politiche per limitare la vendita delle armi che in alcuni stati è estremamente, diciamo, libera, insomma. Basta, ecco, come si dice, si fa sempre il solito esempio, ma è reale andare al supermercato e comprare un’arma.
Ecco, non è così in tutti quanti gli stati, però è sicuramente vero che acquistare una pistola negli Stati Uniti è immensamente più facile che in Italia. Qualcuno ci prova a limitare, diciamo, il secondo emendamento, ma appunto il rischio è quasi sempre di andare poi a scontrarsi con la realtà e cioè con il fatto che sono moltissime, sono decine di milioni le persone che non la pensano così negli Stati Uniti e che vivono l’arma, come diceva Kirk, come un qualcosa che fa male se viene usata male.
Questa è la risposta classica che spesso si sentono dare quelli che chiedono: “Ma perché avete tutte queste armi?”. Kirk in uno dei suoi commenti a riguardo aveva detto “Mah, anche la macchina fa morti, ma a nessuno verrebbe in mente di vietare la vendita delle auto.” È solo che un’auto non nasce per compiere un incidente, ecco, non nasce per uccidere un’arma, invece sì.
In conclusione a questo episodio, la morte di Charlie Kirk ha riacceso il dibattito sulle armi negli Stati Uniti, evidenziando come questo sia un tema che va ben oltre le divisioni politiche tradizionali. Il secondo emendamento rappresenta per molti americani un simbolo di libertà individuale e identità nazionale, rendendo estremamente difficile qualsiasi tentativo di riforma sostanziale.
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