
Carlo Lucarelli (Parma, 1960) è uno dei principali autori italiani di giallli e noir. Esordisce nel 1990 con “Carta Bianca” e crea tre serie di grande successo: il Commissario De Luca (ambientato nel periodo fascista), l’Ispettrice Grazia Negro e l’Ispettore Coliandro.
Ha pubblicato oltre 20 romanzi e numerosi racconti, raccolti nell’antologia “Il lato sinistro del cuore”. Oltre alla narrativa, è prolifico autore televisivo e radiofonico: ha creato e condotto programmi cult come “Blu Notte” e “Mistero in Blu” per la RAI, e “Muse Inquietanti” per Sky. I suoi personaggi Coliandro e De Luca sono diventati popolari serie TV.
“ll lato sinistro del cuore” è una raccolta di racconti del famoso scrittore emiliano, il quale gioca sul significato della parola “sinistro” che come in inglese significa misterioso ed inquietante. Dall’altra parte abbiamo il cuore, cioè le emozioni positive. Queste due brevi storie che abbiamo scelto per voi sono solamente un assaggio. Leggetele e pensate a cosa dire durante la nostra chiacchierata settimanale.
“ll lato sinistro del cuore” – Amazon US
Due racconti brevi
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Question 1 of 2
1. Question
L’appartamento
♥ ♦ ♣ ♠
Leggi e ascolta
Sembrava che piangesse, che si fosse commosso, perché aveva tirato fuori un fazzoletto dal taschino della giacca e se ne era passato un angolo sotto un occhio, premendolo forte col dito sotto la stoffa. Invece era soltanto la sinusite che gli inumidiva una palpebra appena arrivavano i primi freddi. Gli faceva così da quando aveva poco più di vent’anni, figuriamoci adesso che ne aveva quasi ottanta.
Erano stati i lacrimogeni respirati, a Imola, nei disordini in piazza, quando quello là aveva sparato a Togliatti. Un comunista gli era saltato addosso e gli aveva strappato la maschera, e così se lo era preso tutto anche lui, il gas, e gli aveva lasciato quel bel regalo. Che poi, alla fine, era stata una fortuna, perché dalla Celere lo avevano spostato subito alla Mobile, a Bologna, e lì aveva fatto carriera fino a maresciallo. Ispettore, dopo la riforma, ma lui continuava a pensarsi come era abituato, maresciallo.
Tutto questo l’amministratore non lo sapeva. Lui pensava che si fosse commosso perché si ricordava di quanto gli era stato dietro per quell’appartamento, quanto aveva aspettato, e scritto, e telefonato. E non era stata neanche una pratica sua, ma dell’amministratore precedente, che gliel’aveva passata quando gli aveva lasciato l’ufficio, per andare in pensione, dicendogli:
“Toh, eccoti le chiavi, le carte, i documenti, e il maresciallo Mezzogallo”.
«Maresciallo, se vogliamo concludere…»
Il maresciallo annuì, ma non si mosse. Infilò il fazzoletto nel taschino del gessato a righe sottili e alzò la testa, seguendo la lunghezza del palazzo fino al cielo grigio, compatto e senza nuvole. Da lassù si vedeva la bocciofila, se ne ricordava, si ricordava anche delle vertigini che lo avevano preso quando si era affacciato da lassù, dallo scheletro del palazzo ancora in costruzione, venti, trenta, quarant’anni fa. Si vedeva ancora poco del quartiere, non come adesso, si vedeva soprattutto campagna, periferia della periferia, tra via Marco Polo e via Saragozza.
Era lassù, sul palazzo in costruzione, che aveva incontrato per la prima volta il signor Ezio. Se l’era fatto chiamare, perché lavorava come edile, e stava costruendo proprio quel palazzo.
“Lei ha ucciso sua moglie”, gli aveva detto il maresciallo.
“Lo provi”, gli aveva detto il signor Ezio.
“Ce le ho, le prove. Ho il movente, l’alibi che manca e l’arma del delitto”.
Il signor Ezio si era tolto il berrettino fatto di carta di giornale e si era passato le dita sporche di calcina tra i capelli corti. Faceva caldo, e si sudava parecchio, anche il maresciallo sudava.
“La trovi”, aveva detto il signor Ezio.
“E vada fino in Giappone, se vuole. Mia moglie è scappata con Sarti”.
“È Sarti che è scappato, perché aveva paura. Aveva paura che ammazzasse anche lui come ha fatto con sua moglie”.
“La trovi”, aveva detto ancora il signor Ezio, ed era tornato a lavorare.
«Maresciallo, se mi mette l’ultima firma io le dò le chiavi», disse l’amministratore.
Il maresciallo annuì ancora e questa volta si mosse. Si avvicinò alla macchina e prese la penna che l’amministratore gli porgeva, un pennarello, un Trattoclip dalla punta sottile. In ufficio sarebbe stato più comodo, pensò l’amministratore, appoggiando la cartella sul cofano dell’auto, ma il maresciallo aveva insistito. All’improvviso gli era venuta una gran fretta, dopo anni, tutto all’improvviso, lì per la strada, firma e chiavi, il saldo lo aveva già pagato.
Il maresciallo strinse gli occhi per focalizzare la riga, e una goccia calda gli scese giù lungo il naso, maledetta sinusite. Dovette alzare la testa e asciugarla con un dito, prima di potersi abbassare di nuovo. Maresciallo Mauro Mezzogallo… no, accidenti, ispettore, vabbe’, chi se ne frega. Rimise il cappuccio al Trattoclip, scrupolosamente, e lo restituì all’amministratore. Che rimase con il braccio teso e le chiavi in mano, perché il maresciallo si era voltato di nuovo a guardare il palazzo.
Il signor Ezio era socio della cooperativa che costruiva il condominio. Otto piani con due appartamenti a piano per un totale di otto, e uno era il suo. Era lì che lo trovava il maresciallo, con la vanga in mano a rimestare il calcestruzzo, oppure sull’impalcatura a tirare su un pianale di mattoni. La signora Maria era scomparsa da tre giorni e lui c’era andato già sei volte, due volte al giorno, mattina e pomeriggio. Il terzo giorno se l’era portato via con le manette, ma non aveva prove, e riuscì a tenerlo in camera di sicurezza soltanto un paio di giornate.
“Che c’è?” gli diceva il maresciallo, sedendosi sulla brandina.
“Hai paura che cominci a puzzare e che qualcuno la trovi?”
“No”, rispondeva il signor Ezio.
“Devo lavorare per farmi la casa. Sono due anni che ci dò dentro e me la voglio finire io. Quasi ci siamo”.
“Dov’è? Nel canale? Lì la ritroviamo. In giardino, da tua madre? La troviamo anche lì, ci sono i cani. Ma per me l’hai messa in macchina, che infatti non c’è più. Ma troviamo anche quella, prima o poi”.
“La trovi”, diceva il signor Ezio.
“La trovi”.
L’amministratore fece tintinnare le chiavi e il maresciallo si voltò. Le prese e le guardò, facendole scivolare tra le dita. L’amministratore si lasciò sfuggire un sospiro che troncò a metà appena se ne accorse, come un singhiozzo. Finita. Basta, maresciallo Mezzogallo.
Lo aveva messo in croce per almeno due anni, per avere quell’appartamento. C’era della gente dentro che non se ne voleva andare perché tutto sommato ci stava bene. Il maresciallo proponeva una permuta, un appartamento in centro, comodo, grande. No, grazie, in centro è un gran casino, poi dove si mette la macchina? Era tornato l’anno dopo. Un altro appartamento, ancora in centro ma appena fuori dalle mura, bello e luminoso, con anche il posto macchina. Mah, forse… però, lì non ci si sta male, i bambini si sono affezionati… Il maresciallo aveva tirato fuori un bel po’ di soldi, un sacco di soldi, i risparmi di una vita, ma una vita tirata a stecchetto, senza spendere praticamente niente, soprattutto con lo stipendio e la pensione di un poliziotto.
I proprietari avevano accettato, e atteso il preavviso, attesa la disponibilità e la buona uscita, avevano fatto trasloco e se ne erano andati. E così il maresciallo era diventato finalmente il proprietario di quell’appartamento.
«Le posso chiedere un favore?» disse il maresciallo.
«Ma certo», disse l’amministratore.
«Mi aiuta con la sacca?»
Dentro il baule della 127 del maresciallo c’era una borsa da ginnastica. Lunga e stretta, e anche pesante, come sentì subito l’amministratore. Gliela tirò fuori e gliela portò pure in ascensore, perché era davvero pesante, poi salì con lui, con la scusa di aiutarlo, ma in realtà gli era venuta la voglia improvvisa di dare un’occhiata a quel benedetto appartamento. E ci riuscì per un momento, prima che il maresciallo chiudesse la porta, ma non gli sembrò niente di più di un tre vani più servizi, piuttosto buono anche se un po’ vecchiotto, con vista ancora sulla campagna, fino alla bocciofila e alla casina gialla.
Chiusa la porta, il maresciallo batté assieme le mani, fregandosele forte. Si tolse la giacca a righe sottili e la appese allo schienale di una sedia. Si arrotolò le maniche della camicia, una dopo l’altra, fin sopra il gomito. Poi aprì la sacca e tirò fuori il piccone.
Cominciò dal tinello, prima la parete a est, poi quella a nord, piano, per non far troppo rumore, ma dopo mezz’ora qualcuno picchiò lo stesso, dal piano di sotto. Il maresciallo mollò il piccone, si asciugò il sudore che gli scendeva dalla fronte e tirò su col naso, dimenticandosi la sinusite. Prese un paletto di metallo e si spostò in cucina, cominciando a battere sulle piastrelle. Qualcuno suonò alla porta, ma il maresciallo non lo sentì nemmeno. Prese un martello, spostò il frigo, e ansando ricominciò a picchiare.
La trovò nel bagno, dietro la cassetta dell’acqua, tra i tubi. Era lo scheletro di un braccio, ancora bianco di calcina, che scivolò fuori e cadde sul pavimento. Il maresciallo si fermò a guardarlo, tirando con il fiato. Fece per sbottonarsi il colletto della camicia ma l’aveva già fatto molto prima, anzi, se l’era già tolta da un pezzo, ed era in canottiera. Allora si sedette sulla tazza del water, appoggiò la testa al muro sventrato e chiuse gli occhi.
«Un infarto», disse il magistrato.
«Conferma?»
«Confermo sì», disse il dottore.
«Ottantant’anni, malandato com’era, si mette a spicconare per tutta la casa… è ovvio che ci resta».
«Quindi conferma», disse il magistrato.
«Si può portare via. Si, si, anche quella…» e indicò la signora Maria che i carabinieri avevano raccolto in un sacco nero, di quelli della spazzatura.
«Be’», disse l’amministratore, «se soltanto l’avessi immaginato…»
«È difficile immaginare un’ossessione», disse il magistrato.
«Tutta una vita a cercare il corpo di quella donna per incastrare l’assassino. E alla fine l’ha trovato».
«Intendevo se avessi immaginato che qui c’era un cadavere in un muro. Il signor Ezio deve essere venuto qui di notte, con il cantiere aperto, poco prima che finissero gli appartamenti. Ha fatto un lavoro veloce e ha finito senza che se ne accorgesse nessuno».
«Poi c’è rimasto dentro, a custodire il suo segreto».
«Adesso lo arrestate?» disse il medico.
«Chi?» chiese il magistrato.
«Il signor Ezio».
«Il signor Ezio è morto tre anni fa», disse il magistrato, «se no l’appartamento mica lo mollava. Lo hanno venduto gli eredi».
Il medico fischiò. «Sì», disse, guardando il maresciallo Mezzogallo accasciato ancora sulla tazza, bianco di polvere di muro e pallido di morte. Quarant’anni a caccia di un assassino che era anche già morto da tre anni. «Sì, è difficile immaginare un’ossessione».
Rispondi alle domande
Correct
Controlla le risposte
- Ezio lavorava come edile nel cantiere dello stesso palazzo dove ora il maresciallo compra l’appartamento, e durante gli interrogatori si mostrava più interessato a finire la costruzione… (falso) Ezio dice “La trovi” solo due volte, non ossessivamente. E il testo non dice che si preoccupa di più per i lavori che per le accuse.
- Il maresciallo riesce ad acquistare l’appartamento solo dopo aver offerto molti soldi ai proprietari… (falso) Prima propone permute (che vengono rifiutate), poi offre soldi. Non offre permuta più soldi insieme.
- Appena entrato nell’appartamento, il maresciallo inizia subito a demolire le pareti partendo dal bagno… (falso) Inizia dal tinello (parete est e nord), poi va in cucina, e solo alla fine trova il corpo nel bagno.
Incorrect
Controlla le risposte
- Ezio lavorava come edile nel cantiere dello stesso palazzo dove ora il maresciallo compra l’appartamento, e durante gli interrogatori si mostrava più interessato a finire la costruzione… (falso) Ezio dice “La trovi” solo due volte, non ossessivamente. E il testo non dice che si preoccupa di più per i lavori che per le accuse.
- Il maresciallo riesce ad acquistare l’appartamento solo dopo aver offerto molti soldi ai proprietari… (falso) Prima propone permute (che vengono rifiutate), poi offre soldi. Non offre permuta più soldi insieme.
- Appena entrato nell’appartamento, il maresciallo inizia subito a demolire le pareti partendo dal bagno… (falso) Inizia dal tinello (parete est e nord), poi va in cucina, e solo alla fine trova il corpo nel bagno.
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Question 2 of 2
2. Question
Domani
♥ ♦ ♣ ♠
Leggi, ascolta
Mezzanotte e venticinque: dieci minuti per avere la soffiata dall’informatore («Mazzarino parte per Honolulu col volo 251…»), due ore per tirare giù dal letto il magistrato e convincerlo a emettere il mandato di cattura («Mazzarino Giovanni, incensurato, assolto in prima e seconda istanza, amico dell’onorevole… come si fa, come si fa?»), altre due ore per ricevere i fonogrammi dalla Dia e dai carabinieri («Mazzarino Giovanni est ritenuto coordinatore traffico stupefacenti clan Madonia et pertanto…»), un’altra mezz’ora per il magistrato («Quand’è così, quand’è così…»), e adesso questo idiota di tassista che ha paura della multa («Si, vabbe’ che lei è un poliziotto in servizio, poi però succede che me sparisce e in Questura io me ce attacco co’ la multa sua…»).
Eppure lo devo prendere, il bastardo… sono due anni che ci lavoro e all’Interpol dicono che mi sono fissato, ma io Mazzarino lo voglio, e lo voglio arrestare io. Arrivo all’aeroporto e schizzo fuori dal taxi («Dotto’, il resto!»), corro nell’atrio e mi precipito al terminal dell’Alitalia, volo 251. Uno steward scuote la testa e mi indica l’aereo che sta partendo, oltre il vetro del cancello chiuso.
Non servono a niente né la mia tessera dell’Interpol né la voglia di spaccargli la faccia che si deve leggere chiaramente nei miei occhi («Se proprio vuole fermarlo, gli spari alle gomme, ispettore»). Sto per chiamare Honolulu, a malincuore, perché se ci metto di mezzo gli americani quelli se lo tengono e passa un anno prima che possa interrogare Mazzarino, quando mi viene un’idea, una lampadina che si accende, come Archimede Pitagorico.
Se lo raggiungo, col mandato, posso inchiodarlo a una scelta: o torna con me in Italia, collabora, si pente e tra poco è fuori, o porto lui e il mandato a un funzionario americano, si prende come minimo trent’anni e se li fa tutti. Corro al banco delle informazioni. La biondina mi guarda sbattendo gli occhi, poi annuisce («Sì, se fa uno scalo tecnico forse il modo di arrivare in tempo c’è…») e si appassiona, amore, come a un gioco.
Vicino al finestrino, seduto nello scompartimento per non fumatori di un 747 dell’Air India, con una voglia matta di fumare, leggo e rileggo l’orario che mi ha scritto la biondina. L’aereo di Mazzarino si ferma mezz’ora ad Abudhabi, giusto il tempo di arrivare a Bombay con un volo diretto. Se avessi la mia pistola sotto l’ascella, invece della ricevuta del capitano che se la tiene in cabina, avrei già sparato al tipo magro, con gli occhiali, che mi sta accanto e non sta zitto un minuto («Parla inglese? Francese? Tedesco? Italiano! Che combinazione, sono italiano anch’io…»).
Nell’atrio dell’aeroporto di Bombay c’è un caldo afoso e un mucchio di gente che urla. Guardo i tabelloni cercando il volo Alitalia 251, e corro al terminal, ancora chiuso. Mi tolgo la giacca perché sudo come non credevo fosse mai possibile, ma la gente che mi guarda strano mi insospettisce. Tocco la fondina vuota e («Cristo! La pistola!») schizzo a cercare il capitano.
Lo trovo al bar, a bere con una hostess, e faccio fatica a spiegarmi perché è olandese, e sia lui che io sembriamo solo al primo anno della British School. Alla fine mi indica un funzionario dietro un banco che dopo tre moduli e un consulto con un ufficiale in calzoncini corti mi restituisce la pistola. Quando arrivo al terminal il volo è già arrivato e dei passeggeri più neanche l’ombra.
Mi viene da piangere. È solo perché sono così incredibilmente testardo – ci ho già rimesso una moglie per questo – che torno dall’ufficiale con i calzoni corti. Mi guarda come fossi matto, poliziotto italiano, mandato di cattura, la pistola… non è convinto e vuole telefonare. Io lo aspetto al bar, dove bevo una Coca-Cola ghiacciata che mi fa correre in bagno come un razzo.
Quando torno lui sorride, gentile, e mi porta da una ragazza col sari, con la pelle così scura che sembra viola. Scuotono la testa, tutti e due, di fronte al video del computer, facendomi un mucchio di domande («Ma perché non è passato da New York? Fa scalo da qualche parte o va direttamente a Tokyo? Ed è sicuro che sia talmente pazzo da viaggiare col suo nome?») a cui non so dare nessuna risposta.
Proviamo due volte, e al terzo tentativo scopriamo che Mazzarino va a Honolulu via Bangkok, ed è talmente pazzo da viaggiare col suo nome. Sono così felice che bacerei la ragazza viola, che mi guarda, con un sorriso tenero e un po’ mesto, che mi fa venire un dubbio («Quando parte l’aereo per Bangkok?»). L’aereo è già partito, cinque minuti fa.
Ma c’è ancora una speranza. Il collega in calzoncini corti, con dietro la ragazza, mi ferma proprio mentre sto telefonando a Honolulu. C’è un altro volo per Bangkok, tra due minuti, che fa scalo a Rangoon. Ma a Rangoon c’è la rivoluzione, quindi niente scalo e arrivo diretto a Bangkok quasi in contemporanea con Mazzarino. Questa volta la bacio davvero, la ragazza viola, e corro all’imbarco.
Bangkok. Comincio a sentirmi un po’ stordito perché ormai è quasi un giorno che viaggio, e mentre Mazzarino se la sta facendo comodamente seduto in prima classe io corro come un somaro, con l’orologio – e il metabolismo – sconvolto dai fusi orari. Arriva l’aereo, finalmente e mi passa davanti gente di ogni razza, orientali, americani, italiani… ma non Mazzarino.
Resto lì fino all’ultimo – un tipetto con la camicia a fiori che mi sorride felice, il maledetto – poi corro da una ragazza con il tailleur blu che corruga la fronte, sotto il cappellino, controlla la lista e mi sorride. Mazzarino ha cambiato volo all’ultimo minuto, per un errore nella prenotazione. Non era nel 251 per Bangkok, ma nel 307. Il mio.
Sono al bar, appoggiato al bancone, e comincio a essere un po’ ubriaco perché ho scoperto che la Nardini ce l’hanno anche qua. Ormai ho contro anche il tempo, oltre alla sfortuna. Mazzarino ha proseguito per Honolulu, dove arriverà alle ventitre e trentacinque, con scalo a Tokyo. Non c’è un volo diretto e il meglio che posso fare è essere alle Hawaii per mezzanotte e venti, troppo tardi. Tanto vale chiamare l’Fbi e lasciarlo a loro.
Sono così depresso e stanco che accetto la conversazione di un soldato americano che ha i nonni di Salerno e che mi chiama paisà, come nei film del dopoguerra. Gli racconto la mia storia e lui, che è ubriaco più di me, mi ascolta con gli occhi socchiusi. Poi mi batte una mano sulla spalla, schiacciandomi sul banco. Lui torna a Guam, mi dice, col resto del reparto, in un volo militare diretto. Là ci sono collegamenti con le Hawaii quasi ogni ora, e se c’è traffico e l’aereo di Mazzarino rimane un po’ a sorvolare l’aeroporto in attesa del permesso di atterrare…
Mazzarino è al bar e sta bevendo qualcosa di coloratissimo, accanto a un tipo lungo, con gli occhiali. Si infila quasi l’ombrellino nel naso quando mi vede arrivare, con una collana di fiori rossi attorno al collo e la mano sotto la giacca, sulla pistola, perché non si sa mai.
«Mazzarino Giuseppe? Ho un mandato di cattura per lei».
Dio, che soddisfazione vederlo impallidire così… Il tipo lungo riflette, perplesso, poi indica il foglio che ho in mano.
«Posso vedere quel mandato? Sono il legale del signor Mazzarino…»
Legge, pensa, rilegge, poi me lo restituisce, con un sorriso.
«Questo mandato non è valido».
«Vuole scherzare? Lo ha firmato un sostituto procuratore della Repubblica…»
«Sì, certo… ma lo ha firmato domani».
Lì per lì non capisco. Le parole mi rimbalzano dentro il cervello, senza fermarsi.
«La data è quella del 17 e adesso sono le ventitre e quaranta… ma del 16. Ha presente Il giro del mondo in ottanta giorni, ispettore? Abbiamo viaggiato contro i fusi orari e abbiamo guadagnato un giorno…»
Sono così impietrito che non riesco neppure a muovermi e posso solo guardarli, mentre si alzano e vanno al cancello di imbarco per New York. Mazzarino mi fa ciao con la mano, il bastardo.
Resto così non so per quanto tempo, poi, sarà perché sono testardo – ci ho rimesso una moglie, l’ho già detto – ma mi scuoto e controllo il portafoglio. C’è ancora qualcosa. Lancio un’occhiata al tabellone: il volo per New York è già partito ma ce n’è uno per Boston tra cinque minuti… Scolo il drink di Mazzarino e corro all’imbarco. Lo prenderò quel bastardo e lo prenderò oggi.
Appena sarà domani.
Seleziona le domande vere
Correct
Controlla le risposte
- Durante il viaggio l’ispettore è costretto a viaggiare senza la sua pistola perché il capitano la tiene in cabina… (falso) La pistola viene tenuta dal capitano solo durante il volo, ma poi l’ispettore la recupera a Bombay dalle autorità aeroportuali.
- A Bombay l’ispettore scopre che Mazzarino viaggia sotto il suo vero nome… (falso) Mazzarino viaggia davvero con il nome vero, ma questa scoperta avviene durante le ricerche al computer, non necessariamente a Bombay.
- L’ispettore bacia due volte la ragazza indiana che lo aiuta… (falso) La bacia realmente solo una volta. La prima volta dice “bacerei la ragazza viola” ma è solo un pensiero, non un’azione.
- Quando finalmente incontra Mazzarino al bar dell’aeroporto, l’ispettore si sente trionfante… (falso) Si sente soddisfatto nel vedere Mazzarino impallidire, ma il trionfo dura poco perché subito dopo scopre che il mandato non è valido.
Incorrect
Controlla le risposte
- Durante il viaggio l’ispettore è costretto a viaggiare senza la sua pistola perché il capitano la tiene in cabina… (falso) La pistola viene tenuta dal capitano solo durante il volo, ma poi l’ispettore la recupera a Bombay dalle autorità aeroportuali.
- A Bombay l’ispettore scopre che Mazzarino viaggia sotto il suo vero nome… (falso) Mazzarino viaggia davvero con il nome vero, ma questa scoperta avviene durante le ricerche al computer, non necessariamente a Bombay.
- L’ispettore bacia due volte la ragazza indiana che lo aiuta… (falso) La bacia realmente solo una volta. La prima volta dice “bacerei la ragazza viola” ma è solo un pensiero, non un’azione.
- Quando finalmente incontra Mazzarino al bar dell’aeroporto, l’ispettore si sente trionfante… (falso) Si sente soddisfatto nel vedere Mazzarino impallidire, ma il trionfo dura poco perché subito dopo scopre che il mandato non è valido.
Compito: preparate due domande per il gruppo riguardanti alcuni aspetti interessanti delle storie, oppure particolarmente oscuri e misteriosi, che magari non avete capito fino in fondo.